26. feb, 2021
INTRODUZIONE
Il motivo che mi ha spinto a studiare il contributo della Legione Trentina alla difesa della repubblica Romana è quello di indagare, non solo su una pagina poco nota del Risorgimento, ma anche quello di studiare il volontariato anche in un’area, il Trentino, nella quale apparentemente, il sentimento nazionale, secondo alcuni sarebbe stato meno forte di altre zone d’Italia. Mi sono dedicato a questo argomento anche perché ritengo molto importante il ruolo del volontariato nella Unificazione Nazionale .Ho avuto occasione di vedere la lapide posta all’esterno di palazzo Thun di via Bellanzani a Trento che elenca i martiri trentini caduti per l’Italia dalle campagne del Risorgimento fino all’impresa fiumana. A parte l’episodio eclatante di Cesare Battisti, secondo lo schedario del prof. Sergio Benvenuti che combattono, dalla parte dell’Italia, sono almeno 859, di cui 103 caduti sul campo e 29 morti a causa della guerra. Questo testimonia la profonda coscienza nazionale italiana del popolo trentino.
Riassumo brevemente la situazione del 1848 che porta alla nascita della Repubblica Romana.
Il Congresso di Vienna nega le aspirazioni nazionali soprattutto quelle italiane e polacche.
L’intera Europa vede affermarsi nel ’48 l’idea nazionale, si sostiene il principio della nazionalità contrapposto a quello della territorialità. Quindi l’idea che lo Stato deve coincidere con un gruppo etnico omogeneo che parli la stessa lingua, abbia un’origine e una storia in comune e non con l’appartenenza a compagini statali che neghino il principio di nazionalità come l’Austria-Ungheria o l’Impero zarista. Il fallimento dei moti risorgimentali della Carboneria e della Giovane Italia, determina lo sviluppo di altre correnti del Risorgimento come il neoguelfismo di Vincenzo Gioberti, autore de “Il primato morale e civile degli italiani”. Gioberti sostiene che il Primato degli italiani, dimostrato nei secoli, verrebbe meno a causa della divisione dell’Italia. Visto i fallimenti dei moti risorgimentali Gioberti sostiene che si debba formare una federazione italiana, in funzione antiaustriaca, presieduta dal Sommo Pontefice. Nel 1846 viene eletto al Soglio Pontificio il Cardinale Giovanni Maria Mastai Ferretti, il futuro Pio IX, che concesse alcune riforme, seguito anche da altri Sovrani della Penisola, e non escluse i prigionieri politici dalla tradizionale amnistia. L’entusiasmo giunge al massimo livello quando Pio IX, anche in questo caso imitato da altri principi, invia delle truppe a combattere a fianco dell’esercito sardo contro gli austriaci. Tanto basta per far credere, erroneamente, che si tratti del Papa auspicato da Gioberti.
Grande è la delusione quando con l’allocuzione del 29 aprile ordina il ritiro delle truppe pontificie dal fronte. Seguono tumulti e disordini. Pio IX, nell’intento di placare gli animi, nomina Pellegrino Rossi un liberale orleanista Primo Ministro. La situazione non si calma e il 15 novembre 1848 viene ucciso Pellegrino Rossi. La piazza impone al Pontefice un Ministero rivoluzionario guidato da Muzzarelli-Gallletti. Il 24 novembre il Papa fugge a Gaeta, ospite di Ferdinando II di Borbone, da dove invoca l’aiuto straniero. Il potere passa nelle mani di una Giunta Provvisoria che radunatasi il 4 febbraio 1849 convoca per il 9 febbraio una Assemblea Costituente dichiara decaduto, di fatto e di diritto, il potere temporale dei Papi e proclama la Repubblica Romana. Importante e determinante è l’arrivo di Giuseppe Mazzini chiamato con un dispaccio da Goffredo Mameli (“Roma Repubblica. Venite”) che diventa la figura principale della Repubblica.
La legione del 1848 rappresenta una delle prime manifestazioni di italianità dei trentini.
La Repubblica Romana del 1848 vede tra i i protagonisti giovani che provengono da tutta Italia. L’elemento fondamentale dell’esercito è costituito dalle truppe pontificie di Gregorio XVI (1). Numerosi volontari si mobilitano da ogni angolo della Penisola per la difesa di Roma. Lo studio delle forze armate della Repubblica (2) del 1848 dimostra, per l’ennesima volta la grande importanza del volontariato e del mito di Roma nel Risorgimento. I reparti che vengono citate nella rivista Militare sono i seguenti : a) provenienti dall’ ex esercito pontificio : II Reggimento fanteria, Artiglieria, XI Reggimento fanteria, Bersaglieri, Cavalleria, Genio, comandi e servizi e Carabinieri, b) reparti volontari : Legione Italiana, Legione Polacca, Legione Straniera, Legione del volteggiatori italiani. Squadra dei sette colli e tiragliateria a cavallo, Guardia civica poi Guardia Nazionale, Battaglione universitario, Legione Romana Bersaglieri Lombardi di Luciano Manara (3), battaglioni Bersaglieri di Pietramellara e Battaglione Universitario Lancieri di Masini. Come si vede manca la Legione Trentina nell’elenco della Rivista militare. Quindi ritengo che sia importante uno studio su questo argomento proprio perché, rispetto a analoghe formazioni militari, la legione trentina è stato poco studiata dagli storici Tanti volontari della Legione cercano, dopo la fine del conflitto, di negarne la propria appartenenza infatti :” Molti che avevano preso parte attiva ai movimenti del quarantotto stimarono cosa prudente, nonostante le amnistie, di distruggere o di celare gelosamente ogni traccia della loro operosità più o meno sovversiva” (4). Le condizioni del Trentino sono molto diverse da quelle del Veneto e della Lombardia, si ricorda il governo del colonnello Zobel che inizia il suo mandato con l’uccisione di undici patrioti nel castello di Trento (5).
Analizzerò la formazione della Legione dalla sua formazione, gli esordi in Lombardia e ovviamente il suo ruolo nella difesa della Repubblica Romana. Ciò dimostra la continuità del sentimento Nazionale presente nella gioventù italiana anche in quelle terra la cui unione alla propria Patria avviene solo dopo la Grande Guerra.
Desidero infine ringraziare la Signora Caterina Tomasi, che mi ha fornito importanti documenti, senza la quale questo studio non avrebbe potuto concretizzarsi e anche il sito www.irecuperanti.it
I PRECURSORI DELLA LEGIONE
Giacomo Marchetti di Arco è il primo ideatore della Legione. Il 13 aprile 1848 viene scritto l’atto di Tione (6). Viene deciso di formare una compagnia di volontari, guidata dal capitano Paride Ciolli addetto alla colonna del generale Longhena, dipendente dal Comitato provvisorio del distretto di Tione. Ventinove carabine a percussione e diciotto spade con fodero (7) vengono spedite dal governo provvisorio al Capitano Ciolli a Tione. Lo scopo della Legione e assecondare e fiancheggiare le truppe regolari in Tirolo e di condurre la guerra in montagna. Il corpo è composto di volontari scelti, possibilmente trentini, di provata morale e sana e robusta costituzione. Il 14 aprile i volontari si fermano a Malé, dove vengono effettuati alcuni arruolamenti (8). Intanto l’esercito austriaco occupa nuovamente il Trentino e i patrioti compromessi abbandonano i loro paesi per rifugiarsi a Brescia e a Milano. I fuoriusciti trentini, in Lombardia, formano l’associazione Tridentina (9).
LA FORMAZIONE DELLA LEGIONE
L’idea appartiene a Giacomo Marchetti che l’ha concepita già a Tione. Il 20 maggio 1848 Marchetti scrive una lettera agli amici :” Siamo autorizzati a costituire una Legione Trentina di volontari, la quale debba fiancheggiare e guidare la truppa regolarizzata che si spedirà in Tirolo.” La sua bandiera porterà da un lato la scritta “Religione e Giustizia” e sotto “Legione Tridentina”. Il 3 maggio 1848 arriva l’assenso del governo provvisorio lombardo con un accredito di duemila lire. Il 4 maggio arrivano a Brescia Angelo Ducati, Giovanni Danielli e il Presidente del Comitato dei profughi Giuseppe Marchetti.
Viene approvato il seguente regolamento(10) :”1) Il corpo è composto di scelti volontari possibilmente trentini di conosciuta morale, di complessione robusta e sana, denominato legione Tridentina.
2) Lo scopo di esso è fiancheggiare e secondare le truppe regolarizzate, che si spediranno in Tirolo (11) ed in genere quello di condurre la guerra di montagna.
3) L’arruolato si obbliga al sevizio finché verrà cacciato. Il Comitato Trentino può sciogliere la Legione in casi straordinari.
4) Ogni volontario promette con un tocco di mano e chi sarà giudicato, dal corpo degli ufficiali “infrattore” della promessa subirà dietro il Consiglio di guerra una meritata pena.
6) Abnegazione di tutto sé stesso alla Patria pericolante e il sentimento che deve essere profondamente scolpito nella mente e nel cuore di ogni volontario. Ordine, disciplina, attività, moralità, coraggio saranno attributi per cui il Corpo dei volontari trentini si acquisterà diritto alla patria benemerenza.
6) Qualunque volontario graduato o no, dovrà essere sciolto e spedito nel vestire. Suo bagaglio saranno una camicia, un paio di calze, un fazzoletto da naso, per ricambiare quelli che indosserà, ogni volontario sarà armato di stutzen (12 ) o di fucile da munizione, chi avrà il secondo non porterà altra arma che la rispettiva baionetta se si eccettuano le pistole, chi avrà il primo sarà inoltre munito di sciabola.
8) La paga giornaliera è fissata a L. 1,70, per ogni graduato o no, il cui ricevimento è però fissato come segue :
Al quartiere si garantisce per ogni milite il rangio da prendersi in comune in 9 (nove) once di pane, carne mezza libra a peso del paese e un quarto di mossa di vino , oltre a ciò che riceverà ognuno dalle cassa centesimi ottanta (80) al giorno. Nel caso poi, che non si possa somministrare quel rangio, verrà contribuita l’intera paga stabilita.
9) Questo Corpo dovrà ingrossare, a mano a mano che si procede nelle vallate tirolesi (13), e sarà portato a 300 uomini scelti.
10) Al momento viene incaricato della direzione per l’arruolamento l’ing. Virginio Meneghelli e il sottotenente Catone, sarà nominato un commissario di guerra e un segretario.
11) Ogni eventuale risparmio nell’acquisto del rangio, come di sopra al n. 8 andrà a vantaggio dei militi della Legione.”
Sono affissi del manifesti a Brescia e a Milano con i quali si esortano trentini ad armarsi.
Franco Anfossi nelle sue memorie parla di alcuni segantini (14) che vengono arruolati, dopo essersi radunati a Milano, aggregati a un drappello di zappatori.
Il governo provvisorio concede al dott. Giacomo Marchetti 3600 lire austriache per le paghe della Legione e ancora 70 fucili a canna rigata e decide nella seduta del 18 maggio di portare il numero dei membri della Legione da 150 a 200. Viene approvato il modello di uniforme della legione” Tunica attillata al corpo, color turchino scuro, filettata di bavero rosso, bavero alto, rialzato; una sola bottoniera a sette bottoni; per gli ufficiali stoffa più fina, spalline d’argento per la grande uniforme.” (14)
LA PARTECIPAZIONE ALLA PRIMA GUERRA D’INDIPENDENZA
Il 22 giugno la legione parte, composta di 150 uomini, per il lago Idro. Raggiunge il Caffaro, c’è un lungo periodo di inerzia e partecipa il 6-7 agosto alla battaglia del Monte Suello. Dopo la capitolazione di Milano e il ritiro dell’esercito sardo dal Ticino la situazione è sempre più difficile. Il Generale Durando decide di collocare le sue truppe, tra cui la Legione Trentina, tra Caino, Sant’Eusebio e Zanano allo scopo di difendere Brescia. Le truppe del Generale Durando, tra cui la Legione Trentina, entrano a Bergamo già occupata dagli austriaci che, in seguito a un accordo, rendono gli onori militari. La popolazione applaude le truppe italiane. Il mattino seguente hanno luogo dei negoziati tra il Generale Durando e il suo omologo austriaco Schwarzenberg. Durando ottiene per la sua divisione un foglio di via, razioni alimentari fino ala frontiera del Ticino e cinquecento paia di scarpe. Il mattino del 10 agosto il mazziniano Cernuschi fa presente a Durando che non intende rispettare la convenzione con gli austriaci e intende riprendere la guerra in Valtellina contro l’Austria. Durando oppone un netto rifiuto. Gli ufficiali, in gran parte, confermano la loro obbedienza a Carlo Alberto piuttosto che a Mazzini. Il comandante della Legione, capitano dell’esercito sardo, è fedele a Durando. La legione raggiunge il 14 Merate, in seguito a Monza e il 23 agosto giunge a Novara. Qui giunge che la notizia che l’Imperatore Ferdinando ha concesso un’amnistia. La maggioranza dei componenti della Legione Trentina tornano a casa e approfittano del provvedimento di “clemenza”. Non tutti abbandonano il conflitto. Molti ufficiali e militi vanno in Piemonte.
Il Generale Olivieri con il supporto del Generale Manfredo Fanti e dei colonnelli Berti e Rapalo riorganizza le forze armate volontarie e forma 1dodici nuovi corpi. Partendo dal nucleo della Legione Trentina viene ricostituita. Vengono aggregati alla Legione alcuni volontari del Battaglione Manara. Altri volontari trentini si arruolano nella Legione che viene altresì chiamata anche Battaglioni Bersaglieri Tridentini. La divisa è quella dei bersaglieri, ma la bandiera rimane quella della Legione (15). Il numero dei membri della legione rimane fino al mese di dicembre intorno ai cento
Membri mentre nel primo bimestre del 1849 raggiunge la quota di 450. Il 24 marzo comincia la ritirata verso
Tortona e il 27 vengono a conoscenza dell’armistizio e della relativa abdicazione di Carlo Alberto in favore del figlio Vittorio Emanuele. Il 29 marzo abbandonano Tortona e si trovano in una situazione molto delicata. Secondo le diposizioni del governo sardo avrebbero dovuto recarsi a Genova e consegnare le armi. Le autorità militare sarde decidono di chiudere gli occhi. Alessandro La Marmora scrive a Gianotti, comandante la Seconda Brigata Lombarda :” in confidenza… qualora detti corpi lombardi si recassero spontaneamente ed ordinati e armati in Toscana, calcola di chiudere gli occhi” (16).
Comincia una difficile marcia verso gli Appennini. I soldati sono perseguitati dalla fame e dal mal tempo.
Il 24 aprile salpano da La Spezia verso Livorno. Da Livorno giungono a Orbetello e a Viterbo.
LA LEGIONE TRENTINA NELLA REPUBBLICA ROMANA
L’esecutivo della Repubblica Romana dà l’incarico a Manara di riorganizzare i membri della ex Divisione Lombardia e gli studenti napoletani al fine di formare un reggimento. Nascono due reggimenti. Il primo formato dai bersaglieri Manara, comandato dal capitano Cesare Bonvicini, già ufficiale dei granatieri austriaci, promosso maggiore. Il secondo composto dai bersaglieri tridentini , la X compagnia del ventiduesimo reggimento e gli studenti napoletani comandati dal maggiore Coleandro Baroni già capitano del III Battaglione del ventiduesimo Reggimento . I militi che provengono dalla Legione trentina costituiscono la prima e la seconda Compagnia del quinto e sesto reggimento e la decima del ventiduesimo forma la terza del settimo reggimento.
Il 13 maggio 1849 i soldati della Legione Trentina escono da Porta Angelica occupando Monte Mario, minacciando l’avanzata dei francesi. La quinta e la sesta Compagnia, ovvero la Legione Trentina, comandata dal maggiore baroni e dal capitano Hoffstetter, giunge a Santa Maria del Rosario. Il mattino seguente circa ottocento francesi attaccano, ma vengono respinti dai bersaglieri. Il giorno dopo viene Lesseps, inviato dalla Repubblica Francese, che conclude un armistizio, mediante il quale i bersaglieri vengono ritirati a Roma.
La sera del giorno seguente il Generale Pietro Rosselli, comandante dell’esercito della Repubblica Romana, esce con dodicimila uomini, tra cui coloro che provengono dalla Legione Trentina, per fermare l’esercito napoletano. In seguito arrivano a Zagarolo, poi a Valmontone e a Velletri, dove Garibaldi tiene testa a un assalto dei francesi.
I bersaglieri lombardi sono l’avanguardia del corpo di spedizione che ha la missione di liberare la Ciociaria dall’esercito napoletano. Il 21 maggio arretrano fino a Valmontone, il 22 giungono ad Anagni e il 23 a Ferentino e Frosinone. Il Generale napoletano Zecchi abbandona, con le sue truppe, il paese, mentre il secondo battaglione bersaglieri, di cui fa parte la ex legione trentina, avanza fino a Turrice una località ostile alla Repubblica
Manara ordina al maggiore Baroni di raggiungere Ceprano al fine di unirsi con i primo battaglione . Il 27 viene dato l’ordine di assalire Rocca d’Arce al primo battaglione, mentre i bersaglieri lombardi, tra cui i trentini ricevono l’ordine di raggiungere Roma. Il ritorno a Roma è molto duro, transitando da Ceprano, Frosinone e Anagni, tra molteplici privazioni e fatiche. Il primo giugno, tra gli applausi e la commozione della popolazione, i trentini giungono a Roma e si ripropongono, dopo un breve riposo, di partire per Ancona per difendere la Repubblica dalle truppe austriache.
Il tradimento Oudinot (17) cambia bruscamente questi piani. Il Generale Oudinot subentrato a Lesseps, nel comando delle truppe francesi in Italia decide di denunciare unilateralmente l’armistizio. L’armistizio scade la notte fra il tre e il quattro giugno, però l’esercito francese attacca, a tradimento, ventiquattro ore prima.
L’allarme viene dato anche ala Caserma di Santa Francesca Romana, dove è alloggiata la Legione Trentina i bersaglieri vengono dislocati a San Pancrazio(18). I combattimenti sono molto duri presso Villa Corsini (19). Le truppe francesi, verso mezzogiorno, minacciano la presa del Vascello. Garibaldi e Manara, con l’ausilio dei soldati trentini, tentano un attacco al casino dei quattro venti, ma i francesi resistono. Si combatte fino a tarda notte. Il reggimento Manara, dopo questo scontro, viene collocato a Villa Spada.
I combattimenti durano fino al 29/30 giugno. Numerosi trentini trovano la morte nella difesa di Roma tra cui Edoardo Negri, Francesco Matedi e Pietro Bertelli (20). Il 2 luglio il maggiore baroni scioglie la Compagnia. Alcuni dei combattenti trentini fanno ritorno a casa, altri diventano esuli in varie regioni italiane. Il 3 agosto un piccolo gruppo di garibaldini cattura una nave austriaca nelle acque di Goro. Sette di questi garibaldini sono reduci della Legione Trentina.
LA COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ROMANA
La Costituzione della Repubblica, con una forte ispirazione mazziniana, ha un valore che trascende la breve, ma gloriosa, esperienza del 1849.
La lettura di questo testo ci aiuta a capire come mai trentini, lombardi toscani, napoletani siano andati a combattere sotto le sue insegne. Provenendo anche da territori come il Trentino i quali fanno parte dell’Impero austriaco i cui abitanti avevano contatti limitati con i propri connazionali, ma dimostrano un forte sentimento nazionale che quindi è presente prima che nel 1918 ritornino nella Patria italiana..
Esaminiamo i principi fondamentali.
Si stabilisce che la Sovranità appartiene al popolo. Non vengono riconosciuti titoli nobiliari e privilegi di nascita. Viene affermata la giustizia sociale ”la Repubblica promuove il miglioramento delle condizioni morali e materiali di tutti i cittadini”. La costituzione riconosce tutte le nazionalità ma “ propugna l’italiana” e pur affermando la libertà religione ribadisce le guarentige, ovvero le garanzie per il Pontefice.
La volontà della Repubblica di dare a Roma un ruolo nazionale si esprime anche con le norme sulla cittadinanza previste dalla Costituzione. La cittadinanza viene concessa agli originari della Repubblica Romana, agli italiani col domicilio di sei mesi e agli stranieri col domicilio di dieci anni.
Come si può vedere i principi ispirano le future Costituzioni italiane e sono alla base degli ideali del Risorgimento.
Per questo si ritiene opportuno presentare il testo della Costituzione del 1849 .
COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ROMANA, 1849
PRINCIPII FONDAMENTALI
I.
La sovranità è per diritto eterno nel popolo. Il popolo
dello Stato Romano è costituito in repubblica democratica.
II.
Il regime democratico ha per regola l'eguaglianza, la libertà, la fraternità. Non riconosce titoli di nobiltà, né
privilegi di nascita o casta.
III.
La
Repubblica colle leggi e colle istituzioni promuove il miglioramento delle condizioni morali e materiali di
tutti i cittadini.
IV.
La Repubblica riguarda tutti i popoli come fratelli: rispetta
ogni nazionalità: propugna l'italiana.
V.
I
Municipii hanno tutti eguali diritti: la loro indipendenza non è limitata che dalle leggi di utilità generale dello
Stato.
del riparto territoriale della Repubblica.
VII.
Dalla credenza religiosa non dipende l'esercizio dei diritti civili e politici.
VIII.
Il Capo della Chiesa Cattolica avrà dalla Repubblica tutte le guarentigie necessarie per l'esercizio indipendente
del potere spirituale.
TITOLO
I
DEI DIRITTI E DEI DOVERI DEI CITTADINI
ART. 1.
— Sono cittadini della Repubblica:
Gli originarii della Repubblica;
Coloro che
hanno acquistata la cittadinanza per effetto delle leggi precedenti; Gli altri Italiani col domicilio di sei mesi;
Gli stranieri col domicilio di dieci anni;
I naturalizzati con decreto del potere legislativo.
ART. 2. —
Si perde la cittadinanza:
Per naturalizzazione, o per dimora in paese straniero con animo di non piú tornare;
Per l'abbandono della patria in caso di guerra, o quando è dichiarata in pericolo;
Per accettazione di titoli conferiti dallo straniero;
Per accettazione di gradi e cariche, e per servizio militare presso lo straniero, senza autorizzazione del
governo della Repubblica; l'autorizzazione è sempre presunta quando si combatte per la libertà d'un popolo; Per condanna giudiziale.
ART. 3. — Le persone e le proprietà sono inviolabili.
ART. 4. — Nessuno può essere arrestato che in flagrante delitto, o per mandato di giudice, né essere distolto dai suoi giudici naturali. Nessuna Corte o Commissione eccezionale può istituirsi sotto qualsiasi titolo o nome.
VI.
La piú equa distribuzione possibile degli interessi locali, in armonia coll'interesse
politico dello Stato è la norma
3
Nessuno può essere carcerato per debiti.
ART. 5. — Le pene di morte e di confisca sono proscritte.
ART. 6. — Il domicilio è sacro: non è permesso penetrarvi che nei casi e modi determinati dalla legge.
ART. 7. — La manifestazione del pensiero è libera; la legge ne punisce l'abuso senza alcuna censura preventiva.
ART. 8. — L'insegnamento è libero.
Le condizioni di moralità e capacità, per
chi intende professarlo, sono determinate dalla legge.
ART. 9. — Il segreto delle lettere è inviolabile.
ART. 10. — Il diritto di petizione può esercitarsi individualmente e collettivamente.
ART. 11. — L'associazione senz'armi e senza scopo di delitto, è libera.
ART. 12. — Tutti i cittadini appartengono alla guardia nazionale nei modi e colle eccezioni fissate dalla legge.
ART. 13. — Nessuno può essere astretto a perdere la proprietà delle cose, se non in causa pubblica, e previa giusta indennità.
ART. 14. — La legge determina le spese della Repubblica, e il modo di contribuirvi.
Nessuna tassa può essere imposta se non per legge, nè percetta per tempo maggiore di quello dalla legge deter mina to.
TITOLO II DELL'ORDINAMENTO POLITICO
ART. 15. — Ogni potere viene dal popolo. Si esercita dall'Assemblea, dal Consolato, dall'Ordine giudiziario.
TITOLO III DELL'ASSEMBLEA
ART. 16. — L'Assemblea è costituita da Rappresentanti del popolo.
ART. 17. — Ogni cittadino che gode i diritti civili e politici a 21 anno è elettore, a 25 è eleggibile.
ART. 18. — Non può essere rappresentante del popolo un pubblico funzionario nominato dai consoli o dai mi nistri.
ART. 19. — Il numero dei rappresentanti è determinato in proporzione di uno ogni ventimila abitanti.
ART. 20. — I Comizi generali si radunano ogni tre anni nel 21 aprile.
Il popolo vi elegge i suoi rappresentanti con voto universale, diretto e pubblico.
ART. 21. — L'Assemblea si riunisce il 15 maggio successivamente all'elezione. Si rinnova ogni tre anni.
ART. 22. — L'Assemblea si riunisce in Roma, ove non determini altrimenti, e dispone della forza armata di cui crederà aver bisogno.
ART. 23. — L'Assemblea è indissolubile e permanente, salvo il diritto di aggiornarsi per quel tempo che crederà.
Nell'intervallo può essere convocata ad urgenza sull'invito del presidente co' segretari, di trenta membri, o del Consolato.
ART. 24. — Non è legale se non riunisce la metà, piú uno dei suoi rappresentanti. Il numero qualunque de' presenti decreta i provvedimenti per richiamare gli assenti.
ART. 25. — Le sedute dell'Assemblea sono pubbliche. 4
Può costituirsi in comitato segreto.
ART. 26. — I rappresentanti del popolo sono inviolabili per le opinioni emesse nell'Assemblea, restando inerdetta qualunque inquisizione.
ART. 27. — Ogni arresto o inquisizione contro un rappresentante è vietato senza permesso dell'Assemblea, salvo il caso di delitto flagrante.
Nel caso di arresto in flagranza di delitto, l'Assemblea che ne sarà immediatamente informata, determina la continuazione o cessazione del processo.
Questa disposizione si applica al caso in cui un cittadino carcerato fosse eletto rappresentante. ART. 28. — Ciascun rappresentante del popolo riceve un indennizzo cui non può rinunziare. ART. 29. — L'Assemblea ha il potere legislativo: decide della pace, della guerra, e dei trattati. ART. 30. — La proposta delle leggi appartiene ai rappresentanti e al Consolato.
ART. 31. — Nessuna proposta ha forza di legge, se non dopo adottata con due deliberazioni prese all'intervallo non minore di otto giorni, salvo all'Assemblea di abbreviarlo in caso d'urgenza.
ART. 32. — Le leggi adottate dall'Assemblea vengono senza ritardo promulgate dal Consolato in nome di Dio e del popolo. Se il Consolato indugia, il presidente dell'Assemblea fa la promulgazione.
TITOLO IV
DEL CONSOLATO E DEL MINISTERO
ART. 33. — Tre sono i consoli. Vengono nominati dall'Assemblea a maggioranza di due terzi di suffragi. Debbono essere cittadini della repubblica, e dell'età di 30 anni compiti.
ART. 34. — L'ufficio dei consoli dura tre anni. Ogni anno uno dei consoli esce d'ufficio. Le due prime volte decide la sorte fra i tre primi eletti.
Niun console può essere rieletto se non dopo trascorsi tre anni dacché uscí di carica.
ART. 35. — Vi sono sette
ministri di nomina del Consolato: 1. Degli affari interni;
2. Degli affari esteri;
3.
Di guerra e marina;
4. Di finanze;
5. Di grazia
e giustizia;
6. Di agricoltura, commercio, industria e lavori pubblici; 7. Del culto, istruzione pubblica, belle arti e beneficenza.
ART. 36. — Ai consoli sono commesse l'esecuzione delle leggi, e le relazioni internazionali.
ART. 37. — Ai consoli spetta la nomina e revocazione di quegli impieghi che la legge non riserva ad altra autorità; ma ogni nomina e revocazione deve esser fatta in consiglio de' ministri.
ART. 38. — Gli atti dei consoli, finché non sieno contrassegnati dal ministro incaricato dell'esecuzione, restano senza effetto. Basta la sola firma dei consoli per la nomina e revocazione dei ministri.
ART. 39. — Ogni anno, ed a qualunque richiesta dell'Assemblea, i consoli espongono lo stato degli affari della Repubblica.
ART. 40. — I ministri hanno il diritto di parlare all'Assemblea sugli affari che li risguardano.
ART. 41. — I consoli risiedono nel luogo ove si convoca l'Assemblea, né possono escire dal territorio della Repubblica senza una risoluzione dell'Assemblea sotto pena di decadenza.
ART. 42. — Sono alloggiati a spese della Repubblica, e ciascuno riceve un appuntamento di scudi tremila e seicento.
5
ART. 43. — I consoli e i ministri sono responsabili.
ART. 44. — I consoli e i ministri possono essere posti in stato d'accusa dall'Assemblea sulla proposta di dieci rappresentanti. La dimanda deve essere discussa come una legge.
ART. 45. — Ammessa l'accusa, il console è sospeso dalle sue funzioni. Se assoluto, ritorna all'esercizio della sua carica, se condannato, passa a nuova elezione.
TITOLO V
DEL CONSIGLIO DI STATO
ART. 46. — Vi è un consiglio di stato, composto da quindici consiglieri nominati dall'Assemblea.
ART. 47. — Esso deve essere consultato dai Consoli, e dai ministri sulle leggi da proporsi, sui regolamenti e sulle ordinanze esecutive; può esserlo sulle realzioni politiche.
ART. 48. — Esso emana que' regolamenti pei quali l'Assemblea gli ha dato una speciale delegazione. Le altre funzioni sono determinate da una legge particolare.
TITOLO VI
DEL POTERE GIUDIZIARIO
ART. 49. — I giudici nell'esercizio delle loro funzioni non dipendono da altro potere dello Stato.
ART. 50. — Nominati dai consoli ed in consiglio de' ministri sono inamovibili, non possono essere promossi, né trasclocati che con proprio consenso, né sospesi, degradati, o destituiti se non dopo regolare procedura e sentenza.
ART. 51. — Per le contese civili vi è una magistratura di pace.
ART. 52. — La giustizia è amministrata in nome del popolo pubblicamente; ma il tribunale, a causa di moralità, può ordinare che la discussione sia fatta a porte chiuse.
ART. 53. — Nelle cause criminali al popolo appartiene il giudizio del fatto, ai tribunali l'applicazione della legge. La istituzione dei giudici del fatto è determinata da legge relativa.
ART. 54. — Vi è un pubblico ministero presso i tribunali della Repubblica.
ART. 55. — Un tribunale supremo di giustizia giudica, senza che siavi luogo a gravame, i consoli ed i ministri messi in istato di accusa. Il tribunale supremo si compone del presidente, di quattro giudici piú anziani della cassazione, e di giudici del fatto, tratti a sorte dalle liste annuali, tre per ciascuna provincia.
L'Assemblea designa il magistrato che deve esercitare le funzioni di pubblico ministero presso il tribunale s up r e mo .
È d'uopo della maggioranza di due terzi di suffragi per la condanna.
TITOLO VII
DELLA FORZA PUBBLICA
ART. 56. — L'ammontare della forza stipendiata di terra e di mare è determinato da una legge, e solo per una legge può essere aumentato o diminuito.
ART. 57. — L'esercito si forma per arruolamento volontario, o nel modo che la legge determina.
ART. 58. — Nessuna truppa straniera può essere assoldata, né introdotta nel territorio della Repubblica, senza decreto dell'Assemblea.
ART. 59. — I generali sono nominati dall'Assemblea sopra proposta del Consolato.
ART. 60. — La distribuzione dei corpi di linea e la forza delle interne guarnigioni sono determinate dall'Assemblea, né possono subire variazioni, o traslocamento anche momentaneo, senza di lei consenso.
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ART. 61. — Nella guardia nazionale ogni grado è conferito per elezione.
ART. 62. — Alla guardia nazionale è affidato principalmente il mantenimento dell'ordine interno e della costituzione.
TITOLO VIII
DELLA REVISIONE DELLA COSTITUZIONE
ART. 63. — Qualunque riforma di costituzione può essere solo domandata nell'ultimo anno della legislatura da un terzo almeno dei rappresentanti.
ART. 64. — L'Assemblea delibera per due volte sulla domanda all'intervallo di due mesi. Opinando l'Assemblea per la riforma alla maggioranza di due terzi, vengono convocati i comizii generali, onde eleggere i rappresentanti per la costituente, in ragione di uno ogni 15 mila abitanti.
ART. 65. — L'Assemblea di revisione è ancora assemblea legislativa per tutto il tempo in cui siede, da non eccedere tre mesi.
DISPOSIZIONI TRANSITORIE
ART. 66. — Le operazioni della costituente attuale saranno specialmente dirette alla formazione della legge elettorale, e delle altre leggi organiche necessarie all'attuazione della costituzione.
ART. 67. — Coll'apertura dell'Assemblea legislativa cessa il mandato della costituente.
ART. 68. — Le leggi e i regolamenti esistenti restano in vigore in quanto non si oppongono alla costituzione, e finché non sieno abrogati.
ART. 69. — Tutti gli attuali impiegati hanno bisogno di conferma.
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Il Presidente G. GALLETTI
I Vice-Presidenti
A. SALICETI - E. ALLOCCATELLI
I Segretari
G. PENNACCHI - G. COCCHI A. FABRETTI - A. ZAMBIANCH
NOTE
1) Per l’esercito della Repubblica Romana si veda Massimo Fiorentino e Giancarlo Boeri, “La Repubblica Romana e il suo esercito” in Rivista militare, Roma, 1987.
2) Per un puntuale elenco delle formazioni militari si veda la nota della pubblicazione della rivista militare : Massimo Fiorentino e Riccardo Boeri cit.
3) Luciano Manara nasce a Milano il 25 marzo 1825 da un importante avvocato discendente da una famiglia di proprietari terrieri. Frequenta le lezioni della scuola di Marina a Venezia. Soggiorna all’estero dal 1840 al 46 imparando la lingua francese e quella tedesca. Combatte nelle cinque giornate di Milano. Il 23 marzo 1848 organizza l’inseguimento delle truppe austriache in ritirata. La disorganizzazione e i contrasti tra i comandi non rendono efficace l’azione del Manara. Il 1 0ttobre 1848 viene nominato maggiore dei bersaglieri lombardi. Penetra nel Trentino e rifiuta, dopo l’armistizio del Vignale, l’inquadramento nell’esercito sardo a titolo personale. Aderisce all’offerta formulata, il 13 aprile 1849, da P. Maestri di difendere la repubblica Romana dai francesi. Quindi sbarca ad Anzio con il suo battaglione. Il 4 maggio viene promosso Tenente Colonnello. Combatta con grande valore il 3 giugno 1849 Il 30 giugno 1849 muore in combattimento a Villa Spada.
4) Si veda Livio Marchetti, “La Legione Trentina 1848-49”, Trento 1911, pag. 1
5) Cfr. Antonio Rossaro, La Legione trentina nel 1848 In “Alba trentina”, pp.4-11
6) Comune della Provincia di Trento sulla destra del fiume Sarco, dista circa 45 Km da Trento.
7) Cfr. Livio Marchetti op. cit. pag. 4
8) Comune della Provincia di Trento, capoluogo della Comunità della Valle del Sole.
9) Cfr. Livio Marchetti cit. pag .5
10) Cfr. Livio Marchetti op. cit pp.
11) Si intende il Tirolo italiano che comprende la Venezia Tridentina, attuale Trentino-Alto Adige..
12) Stutzen : un fucile corto con canna ottagonale pesante con faro rigato e a otto scannalature. Di calibro 14 mm.
13) Si veda la nota 10.
14) Segantini addetti alla riduzione dei fusti legnosi in legname
15) Livio Marchetti Op. cit. p. 19.
16) Vedi Antonio Rossaro cit. p. 9.
17) Vedi Livio Marchetti op. cit. p. 47.
18) Cfr Livio Marchetti po. Cit p. 57.
19) non si intende l’odierna Villa Corsini, ma la Villa Corsini ai quattro venti ubicata nel luogo dove attualmente si trova l’arco principale di Villa Panfili.
20) Per l’elenco delle vittime si veda Antonio Rossato op. cit. p. 20.
BIBLIOGRAFIA
Franco Anfossi, Memorie militari di campagna di Lombardia, Torino, Fontana, 1851.
Massimo Fiorentino e Giancarlo Boeri, “La Repubblica Romana e il suo esercito” in Rivista militare, Roma, 1987.
Livio Marchetti, Il Trentino nel Risorgimento. Milano, Società Dante Alighieri di Albrighi, Segati, 1913.
Livio Marchetti, La Legione trentina (1848-49). Trento: STET, 1912.
Antonio Rossaro, La Legione trentina nel 1848. In: "Alba trentina", 1917, pp. 4-11.
Piero Pieri , Storia militare del Risorgimento, Torino , Einaudi, 1962.
DANILO ZONGOLI