25. giu, 2017
La globalizzazione vuole dire uniformare tutti gli aspetti della vita. Mangiare, vestirsi, pensare tutti allo stesso modo e parlare la stessa lingua ovviamente la lingua dei vincitori. Si parla naturalmente dell’inglese “meglio” se nella sua variante americana o, per essere più precisi, statunitense. Volendo arrivare alla uniformità, dietro la finzione dell’umanitarismo di facciata, ad avere solo poche banche, pochi centri della grande distribuzione naturalmente nelle mani dei poteri forti e dell’alta finanza. Chiaramente accanto al discorso economico si promuove una uniformità “etica”. Si parla di “società aperta”, non a caso il nome della fondazione dell’oligarca israelita di origine magiara, ma ormai cittadino statunitense, Soros. L’esito di tutto ciò sarà un mondo, dove tolta la maschera della fratellanza e dell’accoglienza il potere e il danaro si concentrano nelle mani di poche persone che non rispondono a nessuno tanto meno agli elettori. Tutte le diversità e le specificità nazionali vano eliminate per costruire la “ società aperta”. La finta della libertà della società aperta diventa qualcosa di simile al Grande fratello di orweliana memoria.
Veniamo al giorno universale del costume nazionale romeno celebrato il 24 giugno. La ia camicia nazionale romena, che si vede nella fotografia, rappresenta le tradizioni di quel popolo, di cui condividiamo l’origine romana e la lingua neo latina. Viene ricamata da secoli dalle donne dei villaggi e viene usata durante i giorni di festa e le ricorrenza importanti. Sono degli abiti meravigliosi la cui arte si tramanda dalla madre alle figlie. Il capitano Corneliu Codreanu insiste sull’importanza del costume nazionale e di portarlo per non omologarsi e per mantenere la propria identità. Non si tratta solamente di indossare un vestito, ma di portarlo con la fierezza di avere determinati valori che sono quelli della Stirpe (neam in lingua romena) e della Nazione. I romeni celebrano questo giorno ovunque si trovino nel mondo. Anche a Roma, mi piace ricordare che il grande poeta nazionale romeno Eminescu dice “veniamo da Roma, dalla Dacia Traiana” De la Roma venim, din Dacia Traiana), non solo viene celebrata questa ricorrenza ma la signora Elena Dascalu ha aperto un laboratorio dove crea numerosi modelli, di ottima fattura, di costumi nazionali. Significativa è la grande rilevanza che questa ricorrenza ha in Bessarabia. Queste regione della Romania storica ovvero la Grande Romania (Romania Mare), oggi, in gran parte, Repubblica Moldova rappresenta la porta orientale della Moldavia, mentre il resto appartiene (Iasi, Suceava, Botosani) alla Romania e una piccola parte all’Ucraina (Cernauti e la Transcarpazia). Questa zona occupata dai russi nel 1812, liberata dalla Romania dopo la grande guerra, nuovamente occupata dai sovietici nel 1940, liberata nuovamente dai romeni il 22 giugno 1941 assieme agli italiani e agli altri Stati dell’Asse e purtroppo nuovamente occupata dai sovietici alla fine della seconda guerra mondiale. L’attuale presidente Dodon ha organizzato una celebrazione dei caduti sovietici che, a suo dire, hanno difeso la Patria. Ma quale patria l’Unione Sovietica che ha diviso il popolo romeno in due? Mentre i giovani romeni nazionalisti e unionisti del movimento azione 2012 commemorano i morti per l’unificazione con la Romania. Giustamente molti rendono omaggio al Maresciallo Antonescu, condannato in seguito a morte per essersi opposto all’alleanza coi sovietici ed essere rimasto fedele all’asse, che nei giorni della operazione Barbarossa pronuncia la famosa frase : “ Soldati vi ordino passate il Prut”. Il fiume Prut segna il confine, ingiusto e angusto, tra la Romania e la Bessarabia. Quindi avviene la, purtroppo, effimera liberazione della Bessarabia alla quale seguirono le stragi e le deportazioni in Siberia, ma soprattutto una cosa, che nelle nostre scuole non si studia mai, la grande fame. Gli occupanti sovietici sequestrarono i prodotti alimentari causando volontariamente la morte per fame di gran parte della popolazione. Altro che difesa della Patria presidente Dodon! Nessuno è mai stato chiamato a rispondere per questi crimini, come è noto la storia la scrivono i vincitori. Non è un caso che proprio in Bessarabia è particolarmente sentito questo giorno. Ragazzi, intellettuali, uomini semplici, giornalisti, giovani e anziani di entrambi i sessi portano con fierezza il costume nazionale. Sena tema di esagerazione possiamo dire che questo abito rappresenta una visione del mondo. Facevo riferimento ai giovani, nelle scuole e negli atenei si vedono diverse persone in costume nazionale. Questo fa ben sperare per il futuro. La giornata del costume nazionale è stata, senz’altro un successo. Noi italiani dobbiamo ammirare queste popolazioni poiché l’americanismo in qualche decennio ha completamente distrutto le nostre tradizioni e la nostra memoria storica. Senza la NAZIONE e la GIUSTIZIA SOCIALE non può esservi né sovranità e né prosperità.
DANILO ZONGOLI